La fotografia significativa


Quando una foto può dirsi davvero significativa? Cosa fa di un’immagine un bello scatto? Annosa questione che tormenta i fotografi, professionisti o semplici amatori. La domanda da porsi oggi è: con l’esasperata produzione di immagini, ci stiamo forse desensibilizzando? Ancora meglio: abbiamo visto tutto ciò che si poteva vedere? Bene, io vi dico di no. Con decisione. E aggiungo: la produzione di immagini in grandissima quantità – dovuta al miglioramento di tecnologia e benessere del mondo occidentale – ha fatto molto bene alla fotografia. E ora vi spiego il perché. Io lo chiamo il “fulcro” di una foto. Ciò che da un insieme inerte, dà (magicamente) una dinamica ad uno scatto. Mi riferisco alla creazione di un’immagine. Ad un set fotografico. Allo sguardo di un modello/a. Al reportage prodotto col cuore in mano e con la testa proiettata fissa su un progetto. Alla street photography. Per meglio dire ancora, la definizione (a volte voluta, altre volte casuale) di un centro di interesse. In ultima istanza, vi siete mai chiesti cosa rende un libro davvero interessante (tanto da valutare la possibilità di spendere anche intere notti insonni per terminarlo)? Cosa determina che un soggetto sia davvero bello da vedere, al di là dell’estetica pura e semplice? Cos’è quel “qualcosa” che ci fa trovare poetica una periferia degradata di una città? Occorre aprire la mente ad un semplice ragionamento per capirlo in fotografia. Il soggetto di una foto ne determina la sua significatività? A volte si, ma non sempre è così. La bizzarra e continua produzione di immagini molto spesso non ha fulcro e, di conseguenza, non è significativa. Quest’ultima indicazione aiuta molto a capire; è facilmente percepibile anche per un occhio non allenato. Oggi è ancora più evidente proprio grazie a questa iperproduzione di foto. Sia chiaro, mi riferisco anche (forse principalmente) a foto tecnicamente perfette (in termini di esposizione, composizione, luce, diaframma, tempi di scatto etc…). Per meglio intenderci, il soggetto di una foto può esso stesso dare significato all’immagine? La risposta è: se ne è il fulcro, si. Ma cos’è, quindi e in definitiva, questo benedetto fulcro?  Facile da spiegare, difficile da realizzare. Il fulcro di una foto, innanzitutto non coincide sempre con il soggetto. La comprensione è immediata. Facciamo un esempio pratico fuori dalla fotografia. Un libro scritto in bell’italiano è un libro come tanti; un libro che oltre che scritto bene (ma può essere anche scritto meno bene, purchè identifichi uno stile), ha un suo fulcro, potrebbe essere un capolavoro. In quest’ultimo caso il fulcro si declina nel ritmo narrativo dell’autore, nella sua particolare punteggiatura (anche “sporca”) o, mi viene in mente, nell’abilità dello scrittore di arrivare al climax di un racconto nel preciso istante nel quale questo deve avvenire. Né una parola in più, né una parola in meno. Comunque varrebbe la pena di leggerlo, questo bel libro (capolavoro o meno). Così è, trasposto in un contesto fotografico. La foto non deve essere una bella immagine (tecnicamente perfetta). Deve avere un suo fulcro. Un esempio può esser dato dalla capacità di alcuni fotografi di creare inquadrature diverse, che segnano uno stile. Immaginiamo una piazza con tanta gente. Il fulcro sarà l’inquadratura e non la folla caoticamente ritratta nella piazza che rappresenta effettivamente il soggetto della foto.  Come dicevo, facile a spiegarsi, difficile a realizzarsi. Proprio questo determina la differenza tra milioni di immagini senza significato e quelle poche che val la pena di osservare. Certo la fotografia è qualcosa che viene filtrata dalla sensibilità di ognuno di noi. Ma, vi assicuro, una foto senza fulcro non attirerà mai l’attenzione di nessuno. Neanche per caso. Pensate alla particolare illuminazione determinata da un raggio di sole che si inserisce visibilmente da una finestra nell’oscurità di una stanza e che illumina il volto di un soggetto. Il fulcro potrebbe anche essere il soggetto (se la sua espressione o la sua fisicità sono davvero adatte a quel particolare contesto), ma è molto più probabile che sia invece la stessa particolare illuminazione, creata dalla natura, filtrata dal fotografo col suo stile e la sua personale sensibilità, ad esserne il fulcro. Dunque dopo tante parole, possiamo dire: una foto è significativa se ha un suo fulcro che potrebbe anche non essere il soggetto ritratto. Il punto di interesse che da significato ad un’immagine ne rappresenta il fulcro. E’ proprio per questo che una bella foto paesaggistica è così difficile da vedere, così come trovare un ritratto stretto, diverso e particolare. Una street  con l’attimo fuggente, così complessa da realizzare. I soggetti interessanti si trovano sempre, ma trovare un fulcro è davvero arduo. E allora perché fotografare se il fulcro difficilmente si trova? Ecco, a domande come queste sono solito rispondere: questo è il senso stesso della fotografia, la sua poesia. Ciò che ti porta alla tensione verso la ricerca del fulcro in una foto. Ciò che ti porta a dire, appena realizzata la bella foto che avevi nel cuore: “….la prossima sarà la migliore foto della mia vita”. Ovviamente, quest’ultimo assunto, non si realizzerà mai.


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